Vulvodinia e P.N.E.I.

Dr. Maria Cristina Iannacci
Spec. Ginecologia e Ostetricia
www.iannacci.it

Se si riuscisse a scrivere la storia naturale di una patologia, l’eliminazione delle cause e la successiva terapia sarebbero intuitive ed efficaci. Questo non è (ancora) possibile per la Vulvodinia, perché ad oggi non sono chiari i motivi che portano alla malattia, solo ipotizzati i fattori predisponenti e poco prevedibile l’evoluzione dei sintomi. La stessa terapia va personalizzata e cucita sulla persona perché la risposta è quantomai bizzarra da paziente a paziente e persino nella stessa persona in tempi diversi.  

Cerchiamo di capire qualcosa in più di questa affezione, o meglio dis-funzione, attingendo dalla P.N.E.I..

La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia è la disciplina medica che correla istanze psicologiche, pensieri, emozioni, sensazioni, sentimenti, con i sistemi biologici, Sistema Nervoso, Sistema Endocrino, Sistema Immunitario. Grazie alla PNEI possiamo capire perché un intestino sofferente ci rende depressi, perché lo stress intenso, sportivo, lavorativo o relazionale, altera il ciclo mestruale, perché l’infertilità inspiegata si risolve spesso riducendo aspettative e fretta…

Nella paziente con Vulvodinia, cioè con discomfort vulvare che persiste da più di tre mesi apparentemente non correlato ad alcuna patologia, infettiva, infiammatoria, traumatica o ormonale, coesistono sintomi di coinvolgimento psicologico e sintomi locali riferibili a neuropatia ed ipertono muscolare del pavimento pelvico.

È come se a livello alto, nel cervello per intenderci, le sensazioni provenienti dall’area innervata dal nervo Pudendo venissero interpretate in maniera non corretta: il contatto viene sentito come bruciore, la distensione (anche solo introducendo un tampone, ancor di più durante un rapporto penetrativo) come franco dolore. Ma soprattutto l’infiammazione che segue all’uso delle aree perineali, esercizio fisico e postura, azione di contenimento degli sfinteri, relazione intima, porta ad un aumento della sensazione di discomfort nelle 12-72 ore successive.

Questo peculiare aspetto della sintomatologia della Vulvodinia può essere spiegato con il grafico della variazione delle citochine infiammatorie liberate in seguito ad un ‘insulto’ fisico.

Nelle prime ore si liberano l’IL1, responsabile dei primissimi sintomi infiammatori, edema, gonfiore e arrossamento, e TNF-alfa che induce alterazioni tissutali con dolore e functio laesa (impotenza funzionale dell’organo), sintomi aggravati dall’azione dell’IL6, la vera “prima donna” dell’infiammazione. Solo l’intervento dell’IL10 mitiga i sintomi e limita l’esuberanza dell’IL6 mentre il TGF-beta promuove la restitutio ad integrum, cioè la guarigione biologico-strutturale delle aree insultate.

Se l’insulto è talmente intenso da superare le difese naturali oppure (e questo è ciò che probabilmente succede nella paziente vulvodinica) la risposta immunitaria è insufficiente, si assiste ad una curva non corretta di variazione delle citochine infiammatorie, la Low Grade Chronic Inflammation, con persistenza di fattori che da un lato mantengono i sintomi dall’altro inducono un meccanismo di difesa per successive infiammazioni che prevede la crescita di ulteriori terminazioni nervose, Neuroinfiammazione.

Più recettori e terminazioni nervose vuol dire più sensibilità dell’area e quindi maggiore attivazione della cascata protettiva che prevede iperattivazione del Braccio Nervoso degli Assi dello Stress con liberazione di Adrenalina. È come se aumentando localmente i nervi, la difesa per un possibile evento traumatico fosse più efficiente e scattante. Sulla carta questo quadro biologico può sembrava evolutivamente una conquista, in realtà (v. articoli su Assi dello Stress) l’Adrenalina porta ad una serie di effetti biochimici per permettono la fuga per paura e l’evitamento istintivo del dolore che si concretizza, però, in una maggiore reattività muscolare. L’ipertono che ne consegue può facilmente coinvolgere i muscoli del pavimento pelvico (per la stazione eretta, per la fuga, per la chiusura fisica a qualcosa che dovrebbe entrare).

Ecco, il vero problema della Vulvodinia è proprio questa risposta abnorme all’infiammazione persistente con neoformazione di terminazioni nervose che si traduce in un innalzamento della sensibilità dell’area con risposta di evitamento quasi automatica che chiama in causa i muscoli. Da qui il quadro clinico classico di questa disfunzione, con coesistenza di ipersensibilità ed ipertono muscolare.

Rimangono aperti alcuni quesiti.

Perché la risposta immunitaria in queste pazienti è insufficiente?

E cosa dire dell’ansia anticipatoria che attanaglia la paziente?

Gli ormoni giocano un ruolo importante in questo quadro clinico?

Tratterò questi aspetti in successivi articoli.

Dr. Maria Cristina Iannacci

Master in P.N.E.I. Università di Verona

www.iannacci.it