Violenza carnale e reattività sessuale femminile

Dr. Maria Cristina Iannacci

Specialista in Ginecologia e Ostetricia

Perfezionata in Sessuologia Clinica

Medico PNEI

www.iannacci.it

 

Violenza carnale e reattività sessuale femminile

 

Scrivo questo articolo a freddo, dopo un post sui fatti di Rimini di Agosto 2017.

 

Tralasciando per un attimo il giudizio morale (che rimane abominevole!) su tutta la faccenda, l’affermazione letta in questi giorni secondo la quale nella violenza sessuale il momento difficile è solo l’introduzione, mentre successivamente il tutto si trasforma in un normale rapporto sessuale, è totalmente priva di qualsivoglia fondamento scientifico/biologico.

 

I motivi sono sostanzialmente due.

Senza scomodare troppo la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, ci sono evidenze cliniche che spiegano come il dolore e soprattutto la paura che caratterizzano l’atto della violenza carnale interferiscano con la fisiologia sessuale tramite iperattivazione dell’asse dello stress deputato alla reazione di allarme/pericolo per la sopravvivenza.

Il cosiddetto “braccio nervoso” attivato dallo stress acuto permette una risposta immediata, intensa ed univoca ad un pericolo percepito tramite la vista, l’udito, l’olfatto… Nella corteccia cerebrale gli impulsi provenienti dagli organi di senso si trasformano in informazioni preziose per l’ipotalamo, la centralina energetica dell’organismo. L’ipotalamo attiva in un lampo, tramite il Locus Ceruleus, il sistema simpatico e induce una scarica di adrenalina dalla midollare del surrene affinchè l’individuo senta fisicamente il pericolo. Tutte le attività superflue vengono momentaneamente sospese e l’energia viene convogliata verso le strutture per permettono la “fuga” dal pericolo: il cuore, per pompare sangue dappertutto più velocemente, i polmoni, per fornire l’ossigeno richiesto e i muscoli per farli funzionare prontamente, per scappare! NON arriva energia o sangue a livello genitale, perché non puoi fuggire col pene in erezione o eccitata sessualmente!

Un altro elemento di fisiologia della risposta sessuale interessante in questo contesto è l’influenza reciproca che hanno le due vie che portano all’eccitazione sessuale. Brevemente, esiste un circuito globale che parte dagli organi di senso, dalla memoria, dall’immaginazione, quindi dall’”alto” che induce il parasimpatico a preparare i genitali per il rapporto ed è facilitante per l’altra via, più periferica, che funziona come un arco riflesso neurologico, basato sulla stimolazione ripetuta locale. La componente locale della stimolazione erotica è importantissima durante il coito per mantenere un buono stato di eccitazione fisica ma insufficiente per se ad indurla se prevale un input fortemente inibitorio centrale!

 

Tornando alla clinica sessuologica…

È esperienza comune che se l’introduzione evoca dolore (dispareunia introitale) la donna “senta” di non riuscirci. In particolare la paziente riferisce di provare un senso di chiusura, di secchezza improvvisa, quasi di blocco all’incontro erotico. Il dolore è l’inibente sessuale per antonomasia, soprattutto della fase dell’eccitamento, che nella donna si esprime con espansione dei tessuti cavernosi vulvari e trasudazione delle pareti vaginali (lubrificazione).

È altrettanto esperienza comune che l’ansia anticipatoria, la paura di non riuscire e il prevedere una forte negatività legata al rapporto compromettano la reattività sessuale sin dalle prime fasi, rendendolo impossibile o inducendo un rifiuto all’incontro, sia nell’uomo che nella donna.

Nella violenza sessuale quindi, si associano entrambi i fattori inibenti ma all’ennesima potenza, impedendo anche solo la minima reattività erotica. Solo la donna con parafilia per il rapporto masochistico, forse, potrebbe trovare una simile esperienza positiva…

La conclusione di tutto ciò è molto chiara. NON ci sono basi biologiche che possano supportare un tale aberrante concetto.

 

 

Maria Cristina Iannacci