DISTURBI URINARI FEMMINILI: Colpa degli ormoni?

Dr. Maria Cristina Iannacci
Spec. in Ginecologia e Ostetricia

Col termine “fastidio urinario” si intende un insieme di sintomi variegati riguardanti la via urinaria descritti come bruciore alla minzione o a fine minzione, sensazione di vescica piena dopo svuotamento, urgenza minzionale, sensazione di dover fare pipí frequentemente ma con poca urina, peso vescicale e spesso come un generico sintomo di discomfort dell’area che comprende lo sbocco dell’uretra nel vestibolo vaginale. A volte il disturbo viene riferito come irritazione della vulva al passaggio dell’urina.

Sembra quasi che ci sia contemporaneamente un coinvolgimento della via urinaria e dei genitali esterni, come se le due strutture fossero strettamente collegate dal punto di vista non solo anatomico ma, in particolare, funzionale.

Con l’aiuto di Cindy, la vulva didattica, possiamo capire dove è posizionato lo sbocco dell’uretra, la piccola area bianca indicata dalla freccia gialla.

La parte di tessuto liscio color lilla è il vestibolo vaginale che, come dice la parola, funge da ingresso alla vagina (parte rosso scura centrale).

Queste strutture effettivamente sono strettamente legate fra loro perché hanno un’origine embriologica comune (vedi altro articolo sul blog), ovvero la bassa via urinaria e la vulva fino al terzo esterno della vagina derivano dal medesimo foglietto embrionale quindi presentano identica innervazione, area di competenza del nervo pudendo, recettori simili con simile risposta agli ormoni steroidi sessuali.

Se tralasciamo i casi in cui c’è evidenza di infezione urinaria, con urinocoltura positiva ed antibiogramma che orienta la terapia, nella stragrande maggioranza delle pazienti con disturbi urinari ricorrenti e persistenti spicca l’elemento clinico, obiettivo, di sofferenza della mucosa vestibolare, a volte iperemica per infiammazione ma più spesso pallida, sottile e poco umida, come se non fosse adeguatamente “nutrita”. Questo quadro è tipico della donna in post menopausa che non fa terapia ormonale sostitutiva, che vive quindi in una sorta di carenza proprio di quegli ormoni che garantiscono il trofismo delle mucose urogenitali, estrogeni e soprattutto testosterone. Si parla di Sindrome Genito-Urinaria perché i sintomi spaziano tra discomfort urinario sopra descritto, secchezza del vestibolo e dispareunia introitale (dolore alla penetrazione) con frequenti taglietti delle mucose vestibolari e della forchetta (unione delle piccole labbra tra vagina e ano). La sindrome genito-urinaria non risparmia nessuna donna, è solo una questione di tempo, un anno, cinque anni, vent’anni senza ormoni e prima o poi cominciano i disturbi. La prevenzione della sindrome genito urinaria è quasi banale, estriolo locale sottoforma di crema ginecologica o ovuli vaginali. Considero però questa terapia un po’ il minimo sindacale, da completare con una piccola dose di testosterone locale se vogliamo garantire un buon nutrimento dell’area, indipendentemente dalle velleità sessuali del soggetto (vedi articoli sul blog).

E nella paziente giovane? Nelle cistiti ricorrenti sine materia, senza causa, con urinocolture negative, oltre a prestare attenzione alla salute funzionale dell’intestino, fonte di citochine infiammatorie che fanno risuonare il sistema immunitario delle mucose, infiammandole, vale la pena di prendere in considerazione l’equilibrio ormonale in particolare nelle utilizzatrici di terapie ormonali con basso tenore estrogenico e con solo progestinico. Quest’ultima terapia, e sottolineo terapia, andrebbe riservata alla paziente con predominanza estrogenica, cioè con un quadro clinico disfunzionale con mestruazioni abbondanti e ravvicinate che viene classicamente corretto con la supplementazione di progesterone, in quanto ormone opponente all’estrogeno. Nella paziente sana, al contrario, il progesterone come unica terapia in minimo dosaggio giornaliero (minipillola, spirale medicata al progesterone, bacchetta sottocutanea) induce spesso sintomi tipici del periodo premestruale, tono dell’umore altalenante o francamente basso, scarso desiderio sessuale, gonfiore, secchezza vaginale e… disturbi urinari, responsabili dell’alta percentuale di drop-out di questa modalità contraccettiva. A volte è la paziente stessa che chiede di interromperla!

Cosa fare?

In coloro che non possono optare per la combinazione estro-progestinica (spesso per problemi di predisposizione alla trombosi venosa profonda) o quando si vuole salvare la spirale da poco introdotta, una terapia locale con estriolo e testosterone aiuta la paziente durante i rapporti e riduce sensibilmente gli episodi di cistite sia spontanea che post coitale. Ecco quindi che la preparazione galenica con cocktail di ormoni bioidentici si rivela uno degli strumenti più maneggevoli ed efficaci nei disturbi urinari, persino nei casi di vulvodinia con prevalenza di sintomatologia vestibolo uretrale (vedi altri articoli sul blog).

Dr. Maria Cristina Iannacci

Spec. in Ginecologia e Ostetricia

Perf. in Sessuologia Clinica

Perf. in Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese

Perf. in PsicoNeuroEndocrinoImmunologia

www.iannacci.it