Dr. Maria Cristina Iannacci
Spec. in Ginecologia e Ostetricia
Perf. in Sessuologia Clinica
www.iannacci.it
La definizione di Vulvodinia propriamente detta (V.P.D.) è molto precisa. Si tratta di un dolore vulvare della durata di almeno tre mesi, senza una chiara causa identificabile.
Il termine Vulvodinia (V.) però letteralmente richiama una situazione di discomfort (bruciore, prurito, irritazione, gonfiore, secchezza…) localizzato nell’area compresa tra unione delle piccole labbra davanti/in alto e perineo posteriormente in basso. In questa area sono presenti tante strutture, clitoride, sbocco dell’uretra, vestibolo, ingresso vaginale, piccole e grandi labbra e forchetta, cioè unione delle piccole labbra sotto la vagina. Questi disturbi possono quindi interessare aree prettamente genitali ma anche urinarie con sintomi che spesso sfumano e vengono descritti come coinvolgenti entrambi gli apparati.
La stessa Sindrome Genito-Urinaria (SGU) è un‘affezione che riguarda il tratto basso della via urinaria e della via genitale con disturbi che oscillano nella descrizione della paziente a tal punto da coinvolgere entrambi gli apparati ed è tipica della donna in periodo peri- ma soprattutto post-menopausale. Per la mia esperienza, senza trattamenti preventivi è solo una questione di tempo, tutte le donne sperimenteranno nella loro vita discomfort genito-urinario col passaggio dell’età.
Tanto nella V. come nella SGU è spesso possibile scrivere la storia naturale della malattia, cioè identificare le cause, correggere i fattori predisponenti, attuare una terapia e una strategia di prevenzione per episodi successivi. Quindi un prurito vulvare potrebbe essere dovuto ad un’infezione, da candida per esempio, un bruciore all’introito vaginale da vaginite batterica e un taglietto sulla forchetta post rapporto sessuale penetrativo avere come causa una secchezza delle mucose o un ipertono muscolare reattivo al dolore provato… Le terapie saranno quindi volte a risolvere i sintomi e togliere le cause, specie se l’infiammazione viene da disordini intestinali, ripristinare un corretto trofismo delle mucose con applicazione locale di ormoni e magari qualche seduta dal fisioterapista del pavimento pelvico.
Ora, se ci troviamo di fronte ad una ragazza con disturbi vulvari è fortemente consigliato valutare attentamente il quadro clinico, il periodo di insorgenza, il legame con qualcosa che è successo precedentemente al problema, anche in termini di nuove terapie intraprese soprattutto contraccettive, in particolare con solo progestinico. L’esame obiettivo poi ci orienta sullo stato delle mucose, sull’elasticità, sul grado di lubrificazione “a riposo”, tutti elementi che ci parlano del nutrimento dell’area da parte degli ormoni. Non è raro ritrovarsi di fronte ad un quadro di deficit ormonale tissutale a carico della vulva per carenza del fine gioco estrogeni-testosterone che garantisce il benessere funzionale dell’area.
Similmente, un disagio vulvare in una paziente già in post-menopausa può non rispondere ad una classica terapia ormonale, magari con ormoni bioidentici da applicare localmente, terapia che va per la maggiore negli ultimi tempi. Vale la pena umilmente rivalutare il quadro e con lo swab test e la valutazione del pavimento pelvico verificare che non si tratti proprio di un quadro di V.P.D. ad insorgenza tardiva.
Potremmo quindi dover usare esclusivamente terapie ormonali bioidentiche nella ragazza o terapie antinociplastiche con fisioterapia per allentare l’ipertono (non per incontinenza!!!) nella donna non più fertile.
Ancora una volta l’importante è essere possibilisti e avere la pazienza di aggiustare la terapia tramite stretta comunicazione fra paziente e ginecologo.
Dr. Maria Cristina Iannacci
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